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Vecchi alberi: la vita attorno ai grandi patriarchi

Posted on 23 Giugno 2014 by Franco Gray Posted in Archivio, Cuori selvaggi, Diario, Libri scritti e da scrivere, Luoghi, Monografie, Storie, Tesi e ricerche .
Scoiattolo che si aggira furtivo tra i rami di un vecchio ciliegio.

I vecchi alberi meritano di essere salvati. In effetti possono testimoniare i fatti avvenuti sotto le loro chiome e sono spesso legati a miti e a leggende. Sarà inoltre interessante conoscere la funzione ecologica di quei “patriarchi” che caratterizzano  i boschi o che fanno bella mostra di sé nei parchi e nei giardini. Come già si è evidenziato in  Gli “arbu”, un patrimonio da salvare i grandi  alberi sono:

–   cultura;

–   attrattiva naturalistica;

–   anello della catena alimentare;

–   casa degli animali.

Fotocomposizione con giovane allocco e vetusti castagni.

Aspetti del castagneto. A sinistra, un vecchio albero di castagno ancora in produzione sebbene attaccato dal Cinipede galligeno, un parassita che provoca galle e disseccamenti dei germogli. Al centro un particolare del vetusto Castagno di Sostegno, un albero monumentale ritenuto “il più vecchio del Biellese”. A destra un giovane allocco nato e cresciuto nel tronco cavo di un castagno centenario (Foto: Franco Gray).

Vecchi alberi, casa degli animali…

  I tronchi ormai decrepiti dei vecchi alberi diventano casa di diversi tipi di uccelli, dispensa degli scoiattoli, rifugio per i moscardini e i ghiri che vi passano l’inverno in letargo, raggomitolati in nidi tondi di erba secca. Al suolo, i tassi scavano la tana tra le radici, le volpi, le donnole e gli altri predatori  si aggirano furtivi alla caccia di qualche roditore…

Fotocomposizione: tronco e moscardino in letargo.

Moscardino (Muscardinus avellanarius) in letargo. Il piccolo roditore passerà l’inverno all’interno del vecchio castagno, in una cavità foderata di erbe e di foglie secche. Sul vetusto tronco sono ben visibili i fori lasciati dai picchi: con l’arrivo della primavera il quadro cambierà radicalmente e l’albero assumerà nuove funzioni. (Foto: Franco Gray)

  FOGLIA 100-x-75  Stessa cavità, inquilini diversi: il picchio muratore e i calabroni

Due foto accostate mostrano una stessa cavità occupata – in tempi diversi – da un nido di Picchio muratore e da una colonia di Calabroni

Stessa cavità, inquilini diversi. Il medesimo  tronco è prima occupato da una famiglia di Picchio muratore e, successivamente, da una nidiata di (temibili) calabroni… (Foto: Franco Gray)

 

Lo stesso tronco decrepito di un melo ormai disseccato con il passare del tempo diventa rifugio per specie molto diverse. In primavera la cavità è occupata dal Picchio muratore (Sitta europaea). Il foro (probabilmente opera del Picchio rosso) era di dimensioni troppo grandi e ciò avrebbe consentito l’accesso ai possibili predatori: di conseguenza il nuovo padrone di casa ha provveduto a ridurlo utilizzando del fango. Qualche tempo più tardi la stessa cavità è utilizzata dai calabroni. Il Calabrone (Vespa crabro) costruisce il proprio nido in luoghi riparati, talvolta addirittura nelle canne fumarie, spesso negli angoli dei vecchi muri. In questo caso il favo – realizzato utilizzando residui vegetali ridotti a poltiglia e impastati – assume forma ellittica e può espandersi liberamente. Con l’arrivo del freddo la colonia perde di vitalità ma, durante l’inverno, le cavità offrono rifugio alle nuove regine: queste, in primavera provvederanno a realizzare le cellette in cui deporranno le prime uova.

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Tags: alberi cavi, ambiente della risaia, calabrone, civetta capogrosso, Moscardino, Picchi, picchio muraiolo, picchio muratore, rampichino, rampichino alpestre .

Rettili innocui, vittime innocenti

Posted on 11 Giugno 2014 by Franco Gray Posted in Monografie, Storie .
Capo di Coronella
Fotocomposizione con lucertola campestre, orbettini e natrice, o biscia d'acqua

Lucertola campestre, orbettini e biscia d’acqua: insieme alla lucertola delle muraglie, sono i più comuni tra i rettili innocui del Nord Italia. (Foto: Franco  Gray)

I Rettili ebbero origine dall’evoluzione di anfibi primitivi quando – circa 270 milioni di anni fa – questi lasciarono l’acqua, svilupparono la capacità di respirare con i polmoni e mossero alla conquista della terraferma. La sistematica è in continua evoluzione e li raggruppa in vari ordini:  i più comuni sono i serpenti e i sauri.  I sauri più conosciuti sono le lucertole (lucertola delle muraglie, lucertola campestre), i ramarri e gli orbettini. Tra i serpenti troviamo biacchi, saettoni, coronelle e natrici.

Natrice (Foto: Antonio Mancuso)

Natrice, un colubro che predilige le zone umide e che spesso si rifugia nell’acqua. (Foto: Antonio Mancuso)

Storia di una coronella

Capo di Coronella

Una Coronella tra le felci dell’Osmunda regalis. Ha qualche vaga somiglianza con le vipere, ma la presenza della pupilla rotonda la distingue dai rettili velenosi italiani. (Foto: Franco Gray)

Avevo undici anni quando, ai margini di uno sperduto ruscello, scovai la mia prima Coronella. Si trattava di una specie a me sconosciuta ma – visto che aveva la pupilla rotonda – capii che si trattava di una biscia innocua: di conseguenza la ficcai in una scatola e la portai a casa per studiarmela con calma. La Coronella non era affatto aggressiva e delle temute vipere aveva soltanto una vaga somiglianza però… non appena la liberai sotto il porticato mio padre la scambiò per un aspide. Di conseguenza prima me ne disse di tutti i colori, poi le schiacciò la testa con il tacco degli scarponi e, subito dopo, chiamò a gran voce mia madre per informarla di che razza di incosciente stavano allevando. Il mio papà temeva soltanto le vipere e mi aveva spiegato che le “miraude” e i “saettoni” – ovvero i serpenti di maggiori dimensioni del genere Coluber – andavano rispettati: quelli che più gli andavano a genio vivevano stabilmente nei pressi dei suoi filari di fragole e, a suo dire, gli davano una mano nel tener lontano i piccoli e ingordi topi campagnoli che banchettavano con il frutto dei suoi sudori. Mio padre riconosceva infatti ai Colubri il ruolo ecologico di cacciatori dei roditori ma… in paese pochi la pensavano come lui e, in genere, tutto ciò che strisciava non suscitava grandi simpatie. In effetti persino il più innocuo dei Sauri – ovvero l’Orbettino – aveva una pessima reputazione: “… dove morde porta via…”, recitava un adagio che, tradotto nel dialetto locale, coniugava un paio di rime con un’allitterazione.

In quegli anni – si era verso la seconda metà del Novecento – ad essere ingiustamente perseguitati non erano soltanto i rettili:

[…] vi erano stati periodi in cui si era praticato l’abbattimento dei rapaci, bollati come “nocivi”: falchetti e poiane, ad esempio, erano stati perseguitati e abbattuti legalmente dai guardiacaccia, anche per il loro malvezzo di acchiappare i pulcini nelle aie. La rottura dei pur precari equilibri naturali fu un errore riconosciuto e, negli anni Ottanta del Novecento, presero il via varie iniziative di sensibilizzazione ambientale. Con specifici scopi educativi e informativi, ad esempio, sul Corriere Valsesiano uscirono articoli sui funghi velenosi e commestibili, sulla fauna locale e sui percorsi naturalistici della Valle. Si partiva dal presupposto che la gente temesse le forme di vita che non conosceva e che, di conseguenza, agisse in modo distruttivo nei confronti della “casa comune”. In zona, ad esempio, i serpenti erano visti come animali pericolosi ed erano perciò uccisi indiscriminatamente, per cui si cercò di sfatare le paure ingiustificate nei loro confronti.

(Tratto da “… tra modernità e tradizione”)

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Tags: bisce, colubri, coronelle, lucertole, natrici, orbettini, ramarri, saettone, serpenti .
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