Fotocomposizione con lucertola campestre, orbettini e natrice, o biscia d'acqua

Lucertola campestre, orbettini e biscia d’acqua: insieme alla lucertola delle muraglie, sono i più comuni tra i rettili innocui del Nord Italia. (Foto: Franco  Gray)

I Rettili ebbero origine dall’evoluzione di anfibi primitivi quando – circa 270 milioni di anni fa – questi lasciarono l’acqua, svilupparono la capacità di respirare con i polmoni e mossero alla conquista della terraferma. La sistematica è in continua evoluzione e li raggruppa in vari ordini:  i più comuni sono i serpenti e i sauri.  I sauri più conosciuti sono le lucertole (lucertola delle muraglie, lucertola campestre), i ramarri e gli orbettini. Tra i serpenti troviamo biacchi, saettoni, coronelle e natrici.

Natrice (Foto: Antonio Mancuso)

Natrice, un colubro che predilige le zone umide e che spesso si rifugia nell’acqua. (Foto: Antonio Mancuso)

Storia di una coronella

Capo di Coronella

Una Coronella tra le felci dell’Osmunda regalis. Ha qualche vaga somiglianza con le vipere, ma la presenza della pupilla rotonda la distingue dai rettili velenosi italiani. (Foto: Franco Gray)

Avevo undici anni quando, ai margini di uno sperduto ruscello, scovai la mia prima Coronella. Si trattava di una specie a me sconosciuta ma – visto che aveva la pupilla rotonda – capii che si trattava di una biscia innocua: di conseguenza la ficcai in una scatola e la portai a casa per studiarmela con calma. La Coronella non era affatto aggressiva e delle temute vipere aveva soltanto una vaga somiglianza però… non appena la liberai sotto il porticato mio padre la scambiò per un aspide. Di conseguenza prima me ne disse di tutti i colori, poi le schiacciò la testa con il tacco degli scarponi e, subito dopo, chiamò a gran voce mia madre per informarla di che razza di incosciente stavano allevando. Il mio papà temeva soltanto le vipere e mi aveva spiegato che le “miraude” e i “saettoni” – ovvero i serpenti di maggiori dimensioni del genere Coluber – andavano rispettati: quelli che più gli andavano a genio vivevano stabilmente nei pressi dei suoi filari di fragole e, a suo dire, gli davano una mano nel tener lontano i piccoli e ingordi topi campagnoli che banchettavano con il frutto dei suoi sudori. Mio padre riconosceva infatti ai Colubri il ruolo ecologico di cacciatori dei roditori ma… in paese pochi la pensavano come lui e, in genere, tutto ciò che strisciava non suscitava grandi simpatie. In effetti persino il più innocuo dei Sauri – ovvero l’Orbettino – aveva una pessima reputazione: “… dove morde porta via…”, recitava un adagio che, tradotto nel dialetto locale, coniugava un paio di rime con un’allitterazione.

In quegli anni – si era verso la seconda metà del Novecento – ad essere ingiustamente perseguitati non erano soltanto i rettili:

[…] vi erano stati periodi in cui si era praticato l’abbattimento dei rapaci, bollati come “nocivi”: falchetti e poiane, ad esempio, erano stati perseguitati e abbattuti legalmente dai guardiacaccia, anche per il loro malvezzo di acchiappare i pulcini nelle aie. La rottura dei pur precari equilibri naturali fu un errore riconosciuto e, negli anni Ottanta del Novecento, presero il via varie iniziative di sensibilizzazione ambientale. Con specifici scopi educativi e informativi, ad esempio, sul Corriere Valsesiano uscirono articoli sui funghi velenosi e commestibili, sulla fauna locale e sui percorsi naturalistici della Valle. Si partiva dal presupposto che la gente temesse le forme di vita che non conosceva e che, di conseguenza, agisse in modo distruttivo nei confronti della “casa comune”. In zona, ad esempio, i serpenti erano visti come animali pericolosi ed erano perciò uccisi indiscriminatamente, per cui si cercò di sfatare le paure ingiustificate nei loro confronti.

(Tratto da “… tra modernità e tradizione”)

Ecco un mio primo tentativo di difesa dei rettili a mezzo stampa: suscitò un certo interesse…

Agosto 1984,  "Corriere Valsesiano"

Un mio articolo pubblicato sul Valsesiano del 31 agosto 1984, richiamandosi ad alcune assurde superstizioni e per condannare l’uccisione dei rettili innocui, ne illustrava il ruolo ecologico. Da quegli anni lontani molte cose sono cambiate ma – per quanto la scienza e la coscienza ecologica abbiano fatto passi da gigante – anche i rettili più innocui spesso incutono tuttora timore, o repulsione.

 

    Un tempo ero convinto che la conoscenza avrebbe cambiato il mondo. Purtroppo mi accorsi ben presto che la sola informazione non era sufficiente: i pregiudizi sono duri a morire e – sebbene in misura minore rispetto al passato – ancora oggi capita di vedere, stecchiti sui sentieri, quegli stessi rettili che parecchie leggi regionali tutelano.

Serpenti innocui

I serpenti innocui nostrani appartengono alla famiglia dei Colubridi e sono definiti tali in quanto  non hanno denti in grado di iniettare veleno nell’uomo: messi alle strette, possono tuttavia diventare mordaci. La loro presenza regola il numero delle specie di cui si nutrono e sono pertanto da considerare utili per controllare la popolazione di piccoli roditori, lumache e insetti che spesso infestano le coltivazioni, in particolare i modesti orti domestici.

Le specie facilmente osservabili

Biacco (Hierophis viridiflavus – Lecépède, 1789 o Coluber viridiflavus). Noto anche come “Mirauda” e “Ratera”: nome, quest’ultimo,  che ricorda la sue preferenze alimentari per i topi campagnoli. Frequenta i luoghi caldi e soleggiati e i margini delle radure; in Piemonte raramente raggiunge i 1500 m di altitudine, ma è osservabile soprattutto nelle zone collinari. Gli adulti si riconoscono facilmente per la caratteristica colorazione delle squame scure e giallastre con riflessi  verdi  che  sfumano nel nero.

Biacco che tenta di predare un nido in cavità (Foto: Stefano Belli)

La difesa della prole dagli attacchi di un biacco. Il martin pescatore, i gruccioni e altri uccelli nidificano in cavità nei pressi dei cosri d’acqua, spesso su pareti difficilmente accessibili. Il biacco tenta tuttavia di intrufolarsi negli stretti pertugi per catturare i nidiacei… (Foto: Stefano Belli)

Natrice (Natrix), o “biscia d’acqua”. Frequenta le zone umide, si incontra facilmente nelle risaie. Nota anche come “biscia dal collare” per la colorazione giallastra a chiazze nere della gola, è di colore grigio con riflessi tendenti al marrone. Il ventre è chiaro, il dorso è macchiettato di scuro e lungo i fianchi sono presenti striature nere.

Natrice dal collare, Bassa Valsesiaa

Una natrice dal collare presso un ruscello. Colline di vulcanite della Bassa Valsesia (Foto: Franco Gray).

Coronella (Coronella austriaca), o Colubro liscio. Forma, dimensioni e colorazione della Coronella ricordano vagamente quelle della vipera comune: se tale somiglianza può mettere in fuga i potenziali animali predatori, fa anche sì che spesso venga ingiustamente ritenuta pericolosa da gitanti ed escursionisti occasionali. In realtà possiede ghiandole velenifere che tuttavia – stando alla bibliografia consultata – non sono pericolose per la specie umana. La si può rinvenire nelle zone fresche ed umide, alla ricerca di prede di piccole dimensioni ma, di norma, frequenta gli ambienti aperti e asciutti, dove caccia insetti, molluschi, serpentelli e sauri.

Saettone (Zamenis longissimus), o Colubro di Esculapio. Così chiamato perchè, raffigurato attorcigliato attorno a un sostegno, è diventato icona della medicina e della farmacologia. Frequente sulle colline dell’Italia Settentrionale, predilige le radure ai margini dei boschi e alle  zone coperte di arbusti. Ha corpo allungato, con ventre giallo e dorso in genere di color grigio uniforme che tuttavia, in alcuni esemplari,  può presentare macchie scure.

Colubro di Esculapio arrampicato su di un orniello.

Il Colubro di Esculapio – qui fotografato su di un orniello – è un buon arrampicatore (Foto: Franco Gray).

 

Saettone allontanato da un garage... (Foto: Dani Ciamp)

Un grosso Colubro di Esculapio. Soprattutto nella stagione riproduttiva i “saettoni” si avvicinano alle abitazioni di campagna ed è facile trovarli ai bordi degli orti, spesso sotto pietre piatte e larghe, o al riparo dei teli di copertura. L’esemplare qui fotografato – rinvenuto in un garage – è stato immediatamente portato a qualche decina di metri di distanza. Due ore dopo era di ritorno, alla ricerca della femmina che era rimasta nascosta nelle vicinanze… (Foto: Dani Ciamp)

Sauri: orbettini, lucertole e ramarri

Tra i Sauri troviamo l’Orbettino (Anguis fragilis): fa parte della stessa famiglia delle lucertole, ma è privo di arti. Vive di preferenza nel sottobosco, ma frequenta le radure soleggiate e spesso si spinge sui sentieri alla ricerca di prede; è sempre schivo e diventa molto lento nei movimenti quando la temperatura vira verso il fresco. Se manipolato – a differenza dei ben più aggressivi serpenti – non prova neppure ad aprire la bocca per mordere, ma sconta la sua molto vaga somiglianza con le bisce e le vipere: di conseguenza è talvolta ingiustamente temuto o addirittura perseguitato.

Orbettino

Orbettino ai margini di un sentiero della Bassa Valsesia. In fuga, si arrampica sulla roccia di vulcanite per raggiungere la propria tana. L’Orbettino è privo di arti, ma appartiene  alla stessa famiglia delle lucertole (Foto: Franco Gray).

Le lucertole e i ramarri

Sauri: lucertola delle muraglie, lucertola campestre e ramarro.

Lucertola campestre, lucertola delle muraglie e ramarro (Foto: Franco Gray).

Tra le lucertole esiste una forte variabilità legata all’ambiente in cui vivono: di conseguenza anche in alcune località della Valsesia è possibile scovarne pure con il dorso verdastro, simili a quelle frequenti nei climi meno rigidi. In valle è segnalata la presenza della lucertola vivipara: la specie si è ben adattata ai luoghi freschi e – anziché deporre le proprie uova nel terreno e farle covare dal sole – la femmina le conserva nell’addome, per cui partorisce piccoli in condizione di cavarsela da soli.
Se la lucertola vivipara si è adattata ai climi rigidi, le altre specie simili e i ramarri prediligono le zone calde e asciutte, le rocce e le muraglie. Il ramarro in particolare frequenta le brughiere e gli spazi aperti caratterizzati da bassa vegetazione.

Ramarri al sole. Vulcaniti attorno a Boca

Una coppia di ramarri sorpresa in località “ Motto della Pelosa” sulle rocce di vulcanite. Siamo nel territorio del Parco del Monte Fenera (Foto: Tito Princisvalle).

Rettili e ambiente

relazioni alimentari

Relazioni alimentari tra produttori e consumatori. I serpenti sono predatori che a loro volta possono essere predati, soprattutto da mustelidi e uccelli rapaci (Disegno di Tiziano Bozio Madé).

Sauri e serpenti svolgono il ruolo ecologico di predatori. Mi è capitato di vedere un merlo inseguire e beccare il grosso biacco che aveva tentato di impossessarsi dei suoi nidiacei, o di sorprendere lucertole e ramarri mentre si avventavano come fulmini su di un insetto. La dieta ovviamente varia a seconda delle dimensioni e dell’habitat: gli esemplari di taglia  maggiore  cacciano piccoli mammiferi, uccelli, anfibi, altri rettili. Lucertole, ramarri e orbettini si nutrono soprattutto di insetti, di ragni e di piccoli molluschi ma non mancano le segnalazioni di lucertole muraiole che si accontentano di integrare la propria dieta con la frutta: altrettanto dicasi del ramarro, spesso accusato di saccheggiare i piccoli frutti coltivati negli orti domestici. Non so quanto tutto ciò sia vero perché ho sempre osservato lucertole e ramarri pronti a seguire i movimenti delle loro potenziali vittime, spesso accanto ai resti di sostanza organica capaci di attirare mosche ed altri insetti. Le bisce d’acqua, com’è ovvio, preferiscono invece anfibi e pesci: come gli altri serpenti, esse pure inghiottono le prede intere ed è possibile incontrarle con l’addome gonfio mentre – ormai a riposo – se ne stanno tranquille a digerire quanto frettolosamente ingoiato.

Lucertola campestre che cattura e ingoia un insetto.

Incurante della presenza di un gruppetto di escursionisti, una lucertola campestre cattura e ingoia una cavalletta (Foto: Franco Gray).

Con l’arrivo della stagione fredda i rettili nostrani si rintanano in luoghi riparati, spesso a gruppi. È interessante notare come talvolta sfruttino le cavità dei vecchi alberi marcescenti: probabilmente gradiscono il tepore che viene generato dalla decomposizione della sostanza organica.

Franco Bertola – Pen name: Franco Gray.

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