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Archivi mensili: Aprile 2021

Orti e giardini, chiocciole e limacce

Posted on 25 Aprile 2021 by Franco Gray Posted in Cuori selvaggi, Luoghi, Monografie, Tesi e ricerche .

L’orticello, il campetto, l’albero da frutto all’angolo del giardino rappresentano risorse. La loro gestione può riservare parecchie sorprese: alcune piacevoli, altre problematiche… 

Cepaea hortensis - Una chiocciolina

Chiocciolina (Cepaea hortensis) su una foglia di rosa (Foto: Franco Gray)

L’orto  e il giardino forniscono alimenti e ospitano anche chi non li coltiva: le piantine “divorate” ne sono la triste prova. Tra i flagelli degli orti troviamo le specie di recente introduzione: in molti casi sono arrivate da lontano come “autostoppiste” durante il trasporto delle merci.  Le specie alloctone, soprattutto nei primi anni del loro insediamento, sono prive di nemici naturali: di conseguenza si moltiplicano a dismisura e possono costituire un serio problema. Tra gli ospiti indesiderati troviamo le limacce rosse: quando arrivano… le sorprese spiacevoli non mancano. Le piantine ancora tenere, insieme ai semi che germogliando mostrano il primo verde, sono il loro cibo preferito ma è facile scovarle mentre si nutrono di animali in decomposizione. Per combatterle è necessario conoscerne i gusti alimentari e le abitudini. 

Foto in alto a sinistra: una chiocciolina (Cepaea hortensis)  su una rosa barbuta. La piccola lumaca se ne sta tranquilla negli angoli umidi e tra i cespugli, esce con il tempo umido e si nutre di poco. La presenza di questi piccoli Molluschi con guscio – tipici degli orti dei giardini – passa quasi inosservata e in genere non crea danni ai fiori e alle coltivazioni.   

Se è vero che le lumache possono convivere con le piante coltivate senza creare grossi problemi, è altrettanto vero che  non tutte le specie di molluschi sono le benvenute.

 Ospiti sgraditi e commensali indesiderati: le limacce rosse

Stando alla mia esperienza le limacce rosse risalgono le colline al ritmo di circa cento/duecento metri per ogni annata agraria,  ma il loro spostamento dalla  zona in cui si sono insediate alle coltivazioni vicine è favorito dal trasporto di materiale, soprattutto se si tratta di di concime organico. In effetti questi invertebrati depongono le loro uova nel terriccio usato per fertilizzare le colture e da lì, comportandosi come “viaggiatori”, finiscono rapidamente dove prima proprio non erano presenti…

Limacce rosse: riproduzione -  (Foto: Franco Gray)

Limacce rosse: riproduzione (Foto: Franco Gray)

Uova di limaccia

Uova di limaccia appena deposte sotto un sasso (Foto: Franco Gray)

Foto in alto: la riproduzione delle limacce rosse – A sinistra due limacce che iniziano i rituali della riproduzione, con un terzo incomodo che tenta di intromettersi. La foto a destra mostra invece l’estroflessione degli organi riproduttivi e la fecondazione. Le “rosse” – come del resto le chiocciole e le altre limacce – sono animali ermafroditi: siccome ogni individuo presenta gli organi genitali maschili e femminili, entrambi i soggetti fotografati deporranno le uova. Le uova saranno espulse da un lato del capo in un luogo umido e riparato…

Foto a lato: uova di limaccia rossa deposte nel terreno soffice, sotto un sasso piatto, in un luogo fresco e umido. Ne usciranno lumachine già formate. Fiori, profumi e sapori negli orti familiari sono messi a rischio da questi “sgraditi ospiti” che è difficile combattere con i tradizionali prodotti chimici senza che il loro impiego crei dannose ripercussioni sul resto dell’ambiente.  Le esche avvelenate destinate alle limacce, ad esempio,   lasciano residui nel terreno ed entrano nella catena alimentare. 

Insinuandosi tra le piantine più tenere o in fase germinativa con la frescura della notte le lumachine usciranno dai loro rifugi e in molti casi la mattina seguente delle piante più tenere e appetibili rimarrà ben poco. Alcune piante saranno invece risparmiate perché giudicate inappetibili. I fiori dell’Arum – come mostra il paragrafo successivo – costituiranno invece un potente richiamo. 

Arum in fiore: un’attrattiva per  le lumache rosse…

Arum: fiori di maggio e frutti estivi (Foto: Franco Gray)

Arum: fiori di maggio e frutti estivi (Foto: Franco Gray)

Foto in alto: Arum italicum – A sinistra il fiore appena sbocciato: siamo alla metà di maggio. A destra i frutti maturi della tarda estate. 

Limacce nel fiore di un Arum (Foto: Franco Gray)

Limacce nel fiore di un Arum (Foto: Franco Gray)

Un richiamo irresistibile –  la foto a sinistra mostra  il fiore di Arum e le piccole limacce che, nella notte, vi si sono insediate. Nate da poco e difficilmente individuabili viste le loro dimensioni, sono state attirate nello spadice dall’odore che la pianta emana per attirare gli agenti impollinatori

Il fiore dell’Arum italicum (pianta tossica conosciuta anche come Giagaro, Pan di Serpe etc.)  emana un tenue odore che- oltre agli insetti pronubi –  attira pure le lumache rosse. Di conseguenza può rivelarsi provvidenziale per individuare le più piccole in quanto queste si radunano all’interno dello spadice. In questo modo il fiore diventa una trappola inesorabile per le piccole limacce che, nate da poco, in genere sfuggono anche agli occhi più attenti.
La pianta fiorisce alla metà di maggio. Per trasformarla efficacemente in uno strumento di cattura di questi indesiderati ospiti va lasciata crescere in un luogo fresco e umido. 

Oltre alle poco gradite limacce, sotto le pietre e le tavole di legno troveranno  rifugio anche altri animaletti e,  tra questi,  i loro più temibili nemici.

Una trappola ecologica

Allontanare le lumache rosse dall’orto e dal giardino: una speranza. I sacri testi di orticultura, gli utenti della Rete e le Ditte che producono esche attira-lumache sono talmente prodighi di consigli che anche il più breve dei riassunti occuperebbe troppo  spazio. Ogni ambiente ha situazioni sue proprie, ma una “casa delle lumache” –  può essere ricavata con facilità disponendo presso le piante di Arum qualche sasso piatto, una tavola di legno e un po’ di terriccio: le quasi  invisibili “divoratrici della notte” lo eleggeranno a dimora e vi deporranno le uova. Perché cercarle (impresa ardua e a volte infruttuosa) quando possiamo tranquillamente fare in modo che arrivino da sole dove posso essere individuate senza fatica?  Se poi consideriamo che le limacce rosse si lasciano tentare facilmente di piaceri della carne (sono cannibali)…  qualche osso fresco protetto (ad esempio) da un coppo costituirà un’attrattiva molte forte, soprattutto per gli esemplari di maggiori dimensioni.  Gli spadici dell’Arum che cresce vicino alla già citata “casa delle lumache” saranno invece il richiamo degli esemplari più piccoli: le lumachine nate da poco sfuggono allo sguardo più attento, ma non sanno resistere al loro odore. Cogliendo un fiore, le potremo portare lontano…

Franco Gray (all’anagrafe: Franco Bertola)

FOGLIA 100-x-75

L’argomento “Orti e Giardini” continua con altre esperienze…

Camoscio

Il vecchio camoscio ai margini dell’orto di Giovanni (Foto: Enzio Giovanni)

Vai a Orti e giardini:  alleati preziosi – Nella foto a lato: Nell’orto di Giovanni, le foto del vecchio camoscio venuto a tenergli compagnia. Siamo in un orto di montagna, in Alta Valsesia

Vedi anche Catene alimentari, e non solo…

FOGLIA 100-x-75 Avvertenza: il sito chiede sempre ai vari autori il permesso di utilizzare le loro foto o i loro testi. Sono gradite le condivisioni, ma tutto il materiale pubblicato  resta  proprietà degli  autori e non potrà essere utilizzato da terze persone senza la loro esplicita autorizzazione. Le eventuali citazioni dovranno contenere la fonte con il titolo del sito.

Tags: limacce, lotta biologica .

Tra gli incolti…

Posted on 8 Aprile 2021 by Franco Gray Posted in Luoghi, Monografie, Storie, Tesi e ricerche, Tra realtà e leggenda .

 Un viaggio nei terreni della Bassa Valsesia e della Valsessera in profonda trasformazione. Una indagine che inizia nei prati, nei campi, nei vigneti e nei frutteti in cui – abbandonate le colture – tutto ritorna allo stato naturale, o quasi…

Colline della Bassa Valsesia in primavera (Foto: Franco Gray)

Colline della Bassa Valsesia in primavera (Foto: Franco Gray)

Il paesaggio racconta –  La striscia in alto va letta e interpretata: sulle colline della Bassa Valsesia l’inizio della primavera mostra i colori dei ciliegi in fiore e il verde delle conifere, ma gli alberi d’alto fusto in primo piano devono ancora mettere  le foglie.  Il paesaggio di mezzo secolo fa era ben diverso: sulle colline ghiaiose si coltivava la vite, nei terreni freschi e sciolti le piante da frutto. In basso, nei cosiddetti “prati arborati”  si falciava l’erba e si raccoglievano le mele. Con l’abbandono delle coltivazioni qua e là si piantarono larici, abeti e pini strobi, ma altri appezzamenti furono lasciati alle forze della natura. Alcuni ciliegi un tempo coltivati (vedi i fiori bianchi tra il verde) sopravvissero, altri nacquero dai semi sparsi dagli uccelli e dai piccoli mammiferi. Siamo di fronte a una profonda trasformazione del paesaggio ricca di segni da decifrare.

Vigneto estirpato: successione di piante pioniere

C’era una volta una vigna. Sullo sfondo: la mitica Pietra Croana… (Foto: Franco Gray)

In un vigneto abbandonato, un codibugnolo che ritorna al nido (Foto: Franco Gray)

In un vigneto abbandonato, un codibugnolo che ritorna al nido (Foto: Franco Gray)

 La foto in alto aiuta ad esaminare un ambiente in profonda trasformazione: siamo in presenza di una “successione secondaria”, ovvero di un terreno  un tempo coltivato a vigna e ora lasciato alla vegetazione spontanea. I segni dell’attività umana sono evidenti: la costruzione in mattoni dava rifugio e conforto  ai contadini durante i temporali e la presenza di un camino indica che – in inverno – quel “casinot” offriva anche un po’ di calore  a quanti lavoravano nella vigna. Su quei terreni la coltivazione della vite cessò forse per l’avanzare dell’età dei proprietari:  sta di fatto che, estirpate le viti, sul terreno magro e ghiaioso  arrivarono le piante pioniere. La nuova situazione vede infatti la presenza di betulle e di una robinia carica di semi. Il vento, gli animali e le azioni umane porteranno presto a nuovi cambiamenti: le robuste e adattabili robinie cresceranno tra le betulle,  le paulownie, i saliconi…

La foto in alto mostra invece un vigneto abbandonato da poco tempo. Le viti non sono state estirpate e ancora ricacciano: all’inizio della primavera un codibugnolo ha costruito il proprio nido tra i tralci. il terreno è occupato da felci e rovi, ma presto arriveranno altre essenze…

Filari con uva matura

Gattinara. Nel vigneto, filari pronti per essere vendemmiati (Foto Franco Gray)

Noè e i rovi: storia di una maledizione

Nella foto a lato: un lungo filare carico di grappoli maturi. Siamo nella zona di Gattinara. Su quelle colline – a  dispetto della maledizione di Noè –  la coltivazione della vite continua a conoscere momenti fortunati, con un  conseguente ritorno economico.

“Noè: il gran patriarca salvato sull’Arca… sapete il perché? Perché fu l’inventor dei vini e dei liquor”.  Il detto popolare era destinato ai bambini per parlare del Diluvio Universale e del successivo ripopolamento del Pianeta ad opera dei sopravvissuti. Si raccontava infatti che, appena le acque si ritirarono,  il buon Noè e o suoi famigliari – lasciata l’Arca che li aveva salvati  – per sopravvivere diventarono agricoltori. Come si sa, la terra lavorata con sapienza è molto generosa: trovandosi con dell’uva in più di quanta potesse consumarne… l’intraprendente Patriarca pensò anche ai piaceri della vita e… inventò il vino. Il vino buono va consumato con parsimonia ma Noè – forse esaltato dalla sua scoperta – un giorno esagerò un po’ con le libagioni e, diventato troppo generoso, invitò il buon Dio ad assaggiare quella sua creazione. Il Padreterno ne fu entusiasta e già dal primo bicchiere lo ringraziò calorosamente poi – pare per fare due chiacchiere  in più – gli  chiese come avesse fatto a produrre quella raffinata  bevanda. Noè però… era geloso della sua invenzione e – temendo la concorrenza – raccontò che aveva utilizzato le more di rovo: aveva a cuore i principi fondamentali della moderna economia e non voleva certo che si creassero invasioni di mercato. Il buon Dio, com’è a tutti noto, nei suoi Comandamenti raccomanda di non mentire: “… caro Noè” – disse celando il suo malcontento – “ho ascoltato quanto tu mi hai raccontato e… ti voglio aiutare. Dove la punta del rovo incontrerà la terra… avrai nuove piante. Vedrai quante more potrai raccogliere!”. E fu così che, da quel giorno, mettendo radici anche dai tralci, il rovo iniziò a propagarsi con estrema facilità. (Fonte: racconto di famiglia)

Note pratiche

La moltiplicazione di alcune piante è possibile attraverso le propaggini: se nel rovo avviene in modo del tutto naturale quando i rami apicali vengono a contatto con il suolo, in altre specie la radicazione può essere facilmente indotta. Anche i rovi coltivati, le rose di macchia, l’uva americana  e molte altre piante sarmentose emettono infatti radici dai tralci interrati: alla ripresa vegetativa basterà coprirli in parte con della buona terra e aspettare. Nel giro di pochi mesi recidendo il tralcio si otterranno nuove piantine.

Per saperne di più vai a Propaggine (Wikipedia)

FOGLIA 100-x-75

 Incolti da scoprire: la funzione ecologica delle “piante invadenti”…

Ape mellifera su fiore di rovo (Foto: Franco Gray)

Ape mellifera su fiore di rovo: bottinando di fiore in fiore troverà del nettare e del polline per la covata (Foto: Franco Gray)

Rovi: fiori e more

Rovi: tra fiori e frutti (Foto: Franco Gray)

Le foto a lato e in alto mostrano insetti che frequentano i fiori dei rovi: tra questi un’ape mellifica che, in assenza di altre  fioriture, per tirare avanti sta bottinando ciò che Madre Natura le mette a disposizione. Per riempire i melari in primavera le api fanno ricorso alle fioriture delle robinie (miele biondo), poi passeranno a raccogliere il nettare tra i fiori del tiglio e del castagno. 

La foto in basso mostra invece un nido fotografato tra i rovi ai margini di un  prato: in questo caso il cespuglio spinoso in primavera offre rifugio e protezione. In seguito, con l’arrivo dell’estate le more mature diventeranno cibo per i selvatici 

Nido tra i rovi (Foto: Franco Gray)

Nido tra i rovi (Foto: Franco Gray)

Tra le “piante invadenti” che molto spesso non sono gradite, sono oggetto di scarsa considerazione o per le quali si predica l’eradicazione non troviamo solo i rovi, ma una lunga lista di  essenze che va dalle robinie alle altre specie alloctone, sia da reddito che ornamentali. Queste ultime furono importate per la loro bellezza, le altre per il rimboschimento. Insieme agli alberi d’alto fusto tra gli incolti  troviamo pure le specie “sopravvissute” all’abbandono: meli, peschi, ciliegi, cachi e peri che hanno superato mille difficoltà.  Le piante pioniere e quelle scampate all’assalto del bosco vanno conosciute meglio, insieme alle essenze aromatiche e alle erbe commestibili. Tra queste ultime, alcune erano presenti prima dell’arrivo dei colonizzatori, altre sono arrivate chissà come fino ai terreni abbandonati e vi si sono insediate con successo. Torniamo agli alberi: nel mio caso – e mi riferisco ad alcune specie di conifere, ai ciliegi selvatici, ai mirabolani – ho provveduto personalmente al loro insediamento con qualche trapianto poi… le risorse della natura hanno provveduto a diffonderli. 

Foto sotto – Con questa ultima carrellata di foto l’articolo chiude con una speranza: ne riparleremo. Lo faremo anche con l’aiuto delle immagini e dei testi di altri autori ed estendendo il campo d’indagine ad altre realtà geografiche.

Fotocomposizione con piante alloctone

Piante alloctone (Foto: Franco Gray)

Fiori della Paulownia (Foto: Franco Gray)

 I fiori della Paulownia (Foto: Franco Gray)

Foto in alto – Piante arrivate da lontano che fanno discutere. A sinistra una Buddeleja che colonizza i margini del bosco su un terreno sassoso, al centro i frutti della Wineberry, o mora del Giappone (Rubus phoenicolasius). A sinistra i noti fiori della Robinia: una pianta amata dagli apicoltori ma poco gradita ai frutticultori e ai vignaioli.

Foto a sinistra – I delicati fiori della Paulownia, un albero d’alto fusto e a rapido accrescimento che – dai parchi e dai giardini della Bassa Valle – ha raggiunto gli incolti e le rive dei fiumi. La presenza della Paulownia fa discutere: c’è chi provvede a trapiantarla per poter utilizzare il suo legno leggero e chi – per contro – la ritiene “dannosa” e vorrebbe eradicarla.

Vai a  Serravalle, tra tradizione e modernità

Franco Gray (all’anagrafe: Franco Bertola)

Precisazioni  importanti sulle foto dei nidi – Fotografare i nidi può disturbare le covate. Cosciente di quanto leggo e ascolto, per evitare sterili polemiche preciso che la foto al codibugnolo nella viga incolta è stata ottenuta a distanza con un radiocomando dopo aver posato la fotocamera (dotata di un medio tele) sul cavalletto.  I nidiacei tra i rovi mi sono invece capitati davanti  di sorpresa mentre mi inoltravo in un roveto e hanno spalancato il becco convinti di ricevere del cibo. Un paio di scatti velocissimi e via: i nidi vanno lasciati in pace.  

FOGLIA 100-x-75

Avvertenza – Sono gradite le condivisioni ma il materiale pubblicato resta di proprietà degli autori e non potrà essere utilizzato da terze persone senza la loro esplicita autorizzazione. Il sito chiede sempre agli aventi diritto il permesso di utilizzare le loro foto o i loro testi. Le eventuali citazioni dovranno contenere la fonte con il titolo del sito.

Tags: codibugnoli, piante invadenti, rovi, Tra gli incolti, Vigneti .
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