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I parrocchetti venuti da lontano…

Posted on 1 Dicembre 2019 by Franco Gray Posted in Luoghi, Monografie, Storie, Tesi e ricerche .
Parrocchetto: for d'ingresso al nido (Foto: Franco Gray)

Specie alloctone: piante e animali che sono tra di noi, ma che vengono da altre parti del mondo. Obiettivo: conoscerle meglio con una serie di di foto e di osservazioni. In questo articolo: i parrocchetti  dal collare (Psittacula krameri)

Fotocomposizione con parrocchetti

Parrocchetti dal collare – (Fotocomp.: Franco Gray)

La fotocomposizione in alto mostra una coppia di parrocchetti alla fine dell’inverno e – a destra – un parrocchetto nei pressi della cavità dell’albero in cui si appresta a nidificare. Foto scattate in un parco cittadino dell’Europa Centrale,  primavera.

I parrocchetti dal collare: osservazioni personali

Parrocchetto con piccoli frutti ornamentali (Foto: Franco Gray)

Parco urbano. Un parrocchetto sui rami di un albero ormanentale si nutre dei piccoli frutti (Foto: Franco Gray)

Nei parchi urbani – Seguo la vita dei parrocchetti da tempo, ma devo premettere che le mie osservazioni si sono svolte  per intero in un grande parco dell’Europa Centrale o nelle sue adiacenze.  Poiché  i “pappagallini” in questione in quell’isola felice convivono pacificamente con le altre specie, devo confessare che proprio non capisco gli allarmismi che leggo sui social e in vari articoli scientifici: annoverati  tra gli uccelli più ingordi, bollati come ladri di frutta, sono accusati di osteggiare parecchie altre specie di uccelli. Non mi pare proprio: al limite i parrocchetti in questione potrebbero  contendere lo spazio agli altri volatili di media taglia che  nidificano negli alberi cavi, ma gli storni e i picchi da me osservati durante la stagione riproduttiva avevano alloggio poco distante dai loro chiassosi vicini di albero. E per quanto riguarda la dieta… devo dire che in genere i parrocchetti cercano cibo sugli alberi alti, quindi poco graditi agli altri uccelli frugivori che – per paura dei rapaci – preferiscono trovare ristoro nascosti tra le fronde a poca distanza dal suolo…

Fotocomposizione con: tasso carico di arilli e parrocchetti che si nutrono della pianta (Foto: Franco Gray)

Un tasso carico di arilli e i parrocchetti dal collare che si nutrono di germogli (Foto: Franco Gray)

I parrocchetti sulle piante di tasso – I parrocchetti da me fotografati nei parchi urbani della Germania sono golosi sia dei germogli che dei corpi riproduttivi (arilli) che crescono sulle piante dei tassi: attorno convivono – apparentemente senza grossi problemi – diverse specie di uccelli autoctoni, ciascuno nella propria nicchia ecologica. Come mostra l’immagine che segue, le opportunità offerte dal grande albero sono utilizzate in modo diverso a seconda delle necessità delle varie specie di uccelli che vi si aggirano. Difficilmente un piccolo insettivoro ne frequenterà la sommità ed è abbastanza raro che un parrocchetto scenda al suolo per cercare cibo tra le foglie. In primavera, anche la nidificazione avverrà in modi e luoghi diversi da specie a specie: negli anfratti del suolo e tra i cespugli troviamo infatti i piccoli insettivori, nei rami bassi i caratteristici nidi a coppa dei merli, dei tordi, delle capinere e delle bigiarelle. Seguono – poco più in alto – le ghiandaie, le tortore, i colombacci e gli altri uccelli che depongono le uova in fragili nidi di rametti intrecciati. Se sorgono problemi di predazione o di possesso del territorio… le dispute avvengono, in genere, tra soggetti diversi dai parrocchetti.

Alberi,  parrocchetti dal collare e altri uccelli: un condominio di più piani

Fotocomposizione con didascalie su rapporti albero-parrocchetti-altri uccelli

Parrocchetti dal collare e altri uccelli intorno al grande tasso di un parco pubblico. L’albero ha valore simbolico e le specie descritte vanno cercate in un raggio ben più ampio (Fotoelab.: Franco Gray)

Nidi nei tronchi – Le piccole cavità dei tronchi sono utilizzate dalle cince e non sono adatte agli uccelli di dimensioni maggiori. Le cavità più ampie possono essere occupate dai parrocchetti, dai picchi e dagli storni: in questo caso potrebbero sorgere conflitti, ma i parrocchetti in genere preferiscono nidificare nelle cavità degli  alberi più alti…

Parrocchetto davanti alla cavità in cui nidifica (Foto: Franco Gray)

Un parrocchetto dal collare davanti alla cavità in cui nidifica. L’uccello si trova a più di dieci metri dal suolo su di un maestoso platano (Foto: Franco Gray)

Parrocchetto: for d'ingresso al nido (Foto: Franco Gray)

Parrocchetto presso il nido: fervono i lavori di pulizia. La covata crescerà nella cavità dell’albero (Foto: Franco Gray)

La foto a destra mostra il diametro utile – quello strettamente necessario – per la nidificazione dei parrocchetti.  Riguardo alla nidificazione, non vedo concorrenza tra i parrocchetti dal collare e i piccoli insettivori: le cince si accontentano infatti di fori del diametro di circa trenta millimetri dove i parrocchetti per certo non possono entrare; gli adattabili passeri preferiscono invece le cavità parzialmente aperte. Per i pettirossi il discorso cambia:  in genere nidificano nei piccoli anfratti delle scarpate, con nidi aperti costruiti – specie agli inizi della bella stagione – quasi a livello del suolo. Altrettanto dicasi dello scricciolo: in genere poggia il proprio nido tondeggiante su un supporto celato tra le fronde basse e ben riparate, o sfruttando piccole cavità di muraglie e balze.

La concorrenza per il nido potrebbe avverarsi però nei confronti dei picchi e degli storni, ma i primi sanno adattare i vecchi tronchi alle loro esigenze e i secondi – com’è noto – sono in grado di sfruttare tutte le opportunità… comprese quelle alimentari. 

Concorrenza alimentare?

 

reticella con cibo. Nell'ordine: cincia,

Una mangiatoia e i suoi ospiti. Nell’ordine: cinciallegra, cinciarella, passero, parrocchetto  (Fotocomposizione: Franco Gray)

 Cibo – Riguardo al cibo lasciato nelle mangiatoie si può parlare di concorrenza dei parrocchetti nei confronti di cince, passeri, pettirossi e di altri piccoli uccelli autoctoni. Questi ultimi, quando in inverno scarseggiano gli insetti, cercano cibo nelle provvidenziali mangiatoie sistemate nei parchi cittadini e nei giardini. In genere nelle mangiatoie da me osservate le cince lasciavano il posto ai passeri e questi ultimi si allontanavano di fronte ai grossi parrocchetti. I piccioni domestici – e le rare specie di colombi selvatici osservate – si accontentavano invece degli avanzi:  posati al suolo li vedevo raccogliere quanto cadeva dalle reticelle appese ai rami. In breve: sono presenti conflitti tra le varie specie, ma non ci ho ancora trovato  nulla di preoccupante.

Parrocchetti,  in Italia…

Fotomposizione da foto di Fabrizio Salda)

Parrocchetti fotografati a Villanova di Castenaso, prov. di Bologna (Foto: Fabrizio Salda)

Nota – I parrocchetti che troviamo nei parchi urbani appartengono a specie ben distinte:

I Parrocchetti dal collare (Psittacula krameri): sono quelli che compaiono nelle mie foto di questo articolo. Originari dell’Africa e dell’Asia, si sono acclimatati in Europa. Nidificano nelle cavità.

I Parrocchetti monaco (Myiopsitta monachus): se ne parlerà in un prossimo articolo. Il loro Paese d’origine è l’America del Sud e sto cercando di reperire materiale fotografico  in merito. Nidificano tra i rami degli alberi. 

Una breve indagine basata su segnalazioni via Web rivela presenze di Parrocchetti in varie parti d’Italia. A volte sono amati, in qualche caso sono sopportati; il giudizio varia a seconda della zona in cui vivono e delle convinzioni di chi li ha osservati.  Nei prossimi articoli – in gestazione –  si tornerà sull’argomento, trattando anche il Parrocchetto di Alessandro (Psittacula eupatria) Per ora – fotografato in un parco romano da Stefania Iovine  – ecco un Parrocchetto monaco (Myositta monacus) che si disseta in una pozza…

Parrocchetto monaco  (Foto: Stefania Iovine)

Parrocchetto monaco (Foto: Stefania Iovine)

FOGLIA 100-x-75

Prime conclusioni sugli alloctoni – L’elenco delle specie alloctone aumenta di giorno in giorno: alcune creano seri problemi, pertanto una analisi oggettiva del loro impatto ambientale si rende necessaria. Per ora –  a titolo precauzionale e  per calmare gli ardori  di coloro i quali vorrebbero eradicarle senza se e senza ma –  pare il caso di far presente che tutti i viventi modificano l’ambiente in cui si trovano e che il giudizio che se ne dà… potrebbe essere viziato da pregiudizi.

Alloctoni, autoctoni e impatto ambientale

Scoiattolo rosso si ciba di germogli

Primavera – Scoiattolo rosso che si ciba di germogli (Foto: Franco Gray)

Agli inizi della stagione calda, proprio come fanno i parrocchetti dal collare, il nostrano scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris) si sta nutrendo di germogli. Danneggerà la pianta? Oppure – al contrario – il vorace roditore ne sfoltirà le nuove fronde permettendo ai germogli rimasti di prosperare vigorosi?  Per certo rallegra chi – amante della natura viva – lo vede saltellare di ramo in ramo. Sembra di essere in presenza di una femmina gravida che presto costruirà il proprio rifugio di foglie e rametti  su qualche grande albero… e la  vita continua.

Franco Gray (All’anagrafe: Franco Bertola)

FOGLIA 100-x-75Alloctoni: ne abbiamo già parlato,  ne parleremo ancora…

Vai a La poiana, i Parrocchetti e altri uccelli

Articoli già pubblicati sul tema “alloctoni”

In Catene alimentari e non solo:

 cenni su:  limacce rosse –   e  piralide del bosso –

In Scoiattoli, funamboli di foresta e di giardino: Lo scoiattolo americano –

FOGLIA 100-x-75

Avvertenza –   Il sito chiede agli aventi diritto l’autorizzazione alla pubblicazione dei testi e delle immagini – Tutto il materiale pubblicato  resta  proprietà degli  autori e non potrà essere utilizzato da terze persone senza la loro esplicita autorizzazione.    

Tags: America del Sud, Asia, dorifore della patata, Mannheim, nidi, parchi urbani, parrocchetti, parrocchetti dal collare, platani, specie alloctone, specie autoctone, tassi alberi .

Conifere: larici e lariceti

Posted on 24 Novembre 2019 by Franco Gray Posted in Luoghi, Monografie, Tesi e ricerche .
rametto di larice: fiori diventano pigne, nascono le prime foglioline

Tra le conifere: larici e ambiente – Le prime conifere apparvero sulla Terra oltre 350 milioni di anni fa: la storia della loro evoluzione arriva da molto lontano. Pini e abeti hanno foglie sempreverdi che ricambiano gradualmente, il larice invece in autunno perde gli aghi e appare spoglio fino alla primavera successiva. Tale adattamento permette alla specie di affrontare le condizioni climatiche più difficili: lo troviamo infatti – sia pure contorto e segnato dalle forze avverse della natura – anche oltre il limitare del bosco.

Conifere verso il colle del Termo, fine ottobre

Verso il Colle del Termo (Valsesia) – Conifere fotografate alla fine di ottobre. Notare il larice ormai dorato che si appresta a perdere gli aghi (Foto: Tito Princisvalle)

Vetusto larice ai limiti della vegetazione arborea, estate

Un vetusto larice che sfida le avversità dell’ambiente estremo  in cui cresce (Foto: Franco Gray)

Larici e lariceti

Lasciati i larici allo stato “selvaggio”, scendiamo di quota e andiamo nei lariceti utilizzati per le attività umane. A ben guardare potremmo definire il lariceto della foto sotto come un “prodotto culturale” in quanto è stato creato e mantenuto tale anche dagli interventi umani: la sua formazione è dovuta infatti in parte all’utilizzo del suolo per il pascolo. Poiché il larice lascia filtrare la luce in maniera ben maggiore rispetto alle altre conifere, la sua presenza era ed è provvidenziale: la luce permette infatti la presenza di un fitto sottobosco inerbito caratterizzato da piante nitrofile, concimate dalle deiezioni animali, in cui – accanto alle erbe gradite agli animali domestici – possono crescere piccoli frutti quali i mirtilli e i lamponi.   

Larici

Un tranquillo bosco di larici in Alta Val Vogna. Fine giugno (Foto: Franco Gray)

Fiori e pigne di larice

Rametto di larice con pigne dell’anno precedente, fiori femminili e fiori maschili. (Foto: Franco Gray)

 Caratteristiche

Il larice è una pianta monoica: lo stesso albero produce fiori maschili e fiori femminili.

La foto a fianco mostra le pigne dell’anno precedente, i fiori maschili e i fiori femminili del larice. Siamo alla ripresa vegetativa, la stagione fredda è ormai alle porte e presto spunteranno anche le foglioline.  I fiori si formano sui germogli dell’anno precedente:  i maschili sono di colore giallastro, quelli femminili  sono invece di color rosso-porpora,  di dimensioni maggiori ed eretti.   Dopo la fecondazione si trasformeranno gradualmente in pigne  legnose, via via più rossicce  che diventeranno scure  verso l’autunno, a maturazione avvenuta.  Quando si apriranno, il vento e gli animali ne disperderanno i semi.  

rametto di larice: fiori diventano pigne, nascono le prime foglioline

I fiori del larice crescono, sui rametti nudi compaiono le prime foglioline  (Foto: Giuseppe Ferraris)

Il processo di riproduzione  dei larici avanza con l’aumento della temperatura e si conclude  quando le pigne saranno aperte e i semi potranno diffondersi. Il larice è pianta colonizzatrice e – spesso nelle forme ibride – è diffuso alle diverse quote altimetriche. Nelle colline è stato spesso trapiantato nelle vigne non più coltivate. E in certi casi si è insediato da solo, grazie ai semi arrivati con gli animali…

 Nella foto a sinistra i fiori maschili sono ormai caduti e il fiore femminile si trasforma gradatamente in coni fertili. Sui rametti spuntano  le nuove foglioline. La pigna matura dell’anno precedente è ancora chiusa e aspetta che uccelli, vento e acqua ne disperdano i semi.

Nota – Nei trapianti  sono state introdotte varietà di larice provenienti da altri Paesi (ad esempio il larice giapponese). Soprattutto nelle zone collinari  le nuove specie si sono acclimatate senza problemi e talvolta hanno dato origine a ibridi.  Nell’osservare le pigne  si notano spesso delle piccole differenze: i larici autoctoni (quelli che crescono alle quote più elevate) mostrano infatti coni piuttosto allungati. I larici trapiantati (o i loro ibridi) invece sviluppano spesso pigne dalla forma più arrotondata.  Le foto evidenziano tali differenze.

Coni, pigne e nuova piantina - Larici

Larici – A sinistra: in primavera mentre le pigne crescono tra le foglie. Al centro: albero carico di pigne in inverno. A destra una piantina che cresce  tra sfasciumi di roccia  (Fotoc.: Franco Gray)

Cincia bigia si nutre di semi di larice (Foto: Mario Maino)

Autunno – Cincia bigia tra i rami di larice. Tra gli aghi che stanno cadendo e le pigne la cincia trova  il cibo  che le permetterà  di passare l’inverno, o di affrontare una migrazione verso luoghi meno ostili  (Foto: Mario Maino)

Il larice: pianta pioniera  di montagna …

Vecchio larice rimasto allo stato arbustivo

Un larice rimasto allo stato arbustivo perché cresciuto in condizioni difficili, su un dirupo battuto dal sole e dal vento. Sullo sfondo, il torrente Vogna, in Alta Valsesia (Foto:Franco Gray)

Larice in alta montagna

Ultimi larici verso il Passo del Turlo (Alagna) – (Foto: Nanuk Svalbard)

Lassù, i larici sono gli ultimi alberi. Compaiono dopo le faggete formando lariceti sempre meno fitti,  si spingono oltre il limitare del bosco in piccoli gruppi. Nella foto in alto un larice mostra i segni lasciati dalla neve che ogni anno cade in abbondanza. Il manto nevoso, mentre scivola dolcemente verso valle, spinge sul tronco curvandolo e imprimendogli le caratteristiche “sciabolature”. 

Nel lariceto

Sentiero tra i larici

Alpe Veglia: sentiero tra i larici (Foto: Matthias Mandler)

I “laricini”: funghi simbionti obbligati

Fungo simbionte del larice del genere Suillus (Foto: Matthias Mandler)

“Laricino”: un fungo simbionte del larice (Foto: Matthias Mandler)

    Parliamo di “simbiosi”, ovvero dei rapporti di collaborazione tra viventi. Nel lariceto troviamo i “laricini”: sono i corpi fruttiferi  dei funghi dei larici…

In sintesi, i filamenti sotterranei del “laricino”  della foto stringono stretti rapporti di collaborazione con i larici: i suoi sottili filamenti (le ife) si diramano nel terreno e raccolgono acqua e sostanze nutritive che cederanno poi all’albero attraverso le radici. Il fungo compare per riprodursi:  si forma   prelevando – sempre dalle radici – la linfa elaborata che il larice stesso produce nel processo noto come fotosintesi clorofilliana. In questo caso siamo in presenza di un simbionte obbligato, ovvero di un organismo la cui presenza  dipende dall’albero con cui convive.

      Il laricino  è noto come Suillus elegans e come  Suillus grevillei.  Si legge  che i filamenti possono esplorare il suolo fino a quindici metri dall’albero, ma in genere il corpo fruttifero appare nelle vicinanze del larice con cui convive.

Vai a Micorrize FOGLIA 100-x-75Piante, animali, paesaggi…

Larici riflessi - Autunno

Riflessi d’autunno ai Laghetti Bellagarda (Foto: Paola Clerico)

Civetta nel lariceto (Foto: Paola Clerico)

Autunno nel lariceto: una civetta tra i rami che stanno ormai perdendo gli aghi (Foto: Paola Clerico)

  Tra i rami – Una civetta tra i  rami di larice in autunno, forse sta adocchiando una preda. Le foglioline cadranno a breve  e presto gli uccelli di piccole dimensioni  troveranno rifugio nelle conifere sempreverdi ma, per ora, becchettano tra i ramoscelli carichi di pigne alla ricerca di insetti e semi.

Camoscio sotto la neve che si sporge verso i rametti di larice

Inverno: freddo e neve. Un camoscio alla ricerca di cibo che si nutre di rametti di larice (Foto: Mario Barito)

Inverno, freddo e neve – In inverno i rametti del larice sono graditi agli erbivori: la foto  del camoscio che, mentre cade  la neve,  si allunga verso il maestoso larice alla ricerca di gemme  rende l’idea  della funzione ecologica di questa pianta pioniera.  

Il legno di larice è duro  e resiste bene all’acqua. Il suo utilizzo ha permesso  alle tipiche costruzioni in legno delle montagne di resistere alle intemperie e al tempo. Visto il suo successo, anche nelle basse colline possiamo trovare piantagioni, talvolta realizzate con gli ibridi che derivano dal larice giapponese.    I larici  – specie nella specie autoctona ( Larix decidua) – difficilmente vengono attaccati  dai  rodilegno o dai funghi  parassiti. Quando ciò avviene a liberare l’albero sofferente ci penseranno i picchi: questi, dopo aver scavato i tronchi alla ricerca di larve, a volte vi costruiscono il nido…

Tra i frequentatori delle conifere troviamo uccelli quali  il regolo, il fiorrancino e il luì: volteggiano spesso in piccoli gruppi  di ramo in ramo. Catalogati tra gli uccelli di minore dimensioni, spesso “invisibili”,  meritano un  momento di attenzione. Troviamo inoltre uccelli particolarmente  idonei a utilizzare le risorse delle pinete  e delle abetaie: tra questi, il crociere dal becco a cesoia. I tronchi offrono ricovero e nidi sicuri, le fronde nascondono i piccoli mammiferi  ai loro predatori,  sotto le chiome  il suolo è  ricco di erbe e dei frutti tipici dei boschi radi e freschi.  Le presenze umane, le tecniche di adattamento alle condizioni ambientali, la vita di piante ed animali sono illustrati in vari articoli in preparazione…

Vai a  Tra le  Conifere: appunti senza fine (In preparazione)

 Vai a  I Walser: case di larice e di pietra

Franco Gray (All’anagrafe: Franco Bertola)

FOGLIA 100-x-75 I larici della valli alpine: tra natura e letteratura

Val Vogna (Foto: William Yehudha De Oliveira)

Le fronde di un larice incorniciano una veduta sulla Val Vogna (Foto: William Yehudha De Oliveira)

  La roccia è la mia casa, il mio rifugio, il mio giaciglio. Il cielo è il mio cappotto, il mio sovrano, il mio dio. Qui io vivo, ascolto, fremo. Qui io giaccio, nulla sfugge al mio sguardo e al mio controllo. Qui io vedo e sento ogni cosa. È il vento che mi parla; sussurra alle mie orecchie portando con sé il canto dei grilli, lo scroscio del fiume, i fischi delle marmotte e il cinguettio degli uccelli che su me si posano di quando in quando. Il sole mi riscalda, la pioggia mi rigenera, la nuvola mi protegge. Gli insetti mi portano gioia e riempiono le mie giornate. Osservo gli animali pascolare, sento i cani che abbaiano e gli uomini che parlano. Respiro il profumo dei fiori che con me danzano al ritmo del vento. […]  Giaccio qui sospeso, intorno a me una tra le più belle valli del mio territorio. Conosco il fiume e i suoi benefici, il vento porta a me i suoi schizzi scherzosi, ma mai ho potuto sentirlo accanto a me. Conosco la bellezza e l’amore per la mia valle ma mai ho potuto accarezzarne l’erba morbida, o salire più in alto per percepire più di ciò che il Maestro mi ha concesso. I campanacci degli animali al pascolo risuonano intorno a me, raccontandomi avventure di luoghi che mai sarò in grado di conoscere. Io sono la mia Valle poiché qui io vivo e qui io morirò, qui i miei semi mi daranno nuova vita. Io vivo la mia Valle e la sento vivere intorno a me.   […] Ahimè, non è nella natura di un albero narrare perciò tu, viaggiatore sconosciuto, raccogli la mia lacrima di resina, osserva la mia Valle in essa riflessa e, proprio come il vento, fai della tua eco la mia voce.

(Testo: Sara Olivieri)

Della stessa autrice:

Kain, il guardiano dei ricordi

FOGLIA 100-x-75 Avvertenza –   Il sito chiede agli aventi diritto l’autorizzazione alla pubblicazione dei testi e delle immagini – Tutto il materiale pubblicato  resta  proprietà degli  autori e non potrà essere utilizzato da terze persone senza la loro esplicita autorizzazione.    

Tags: conifere, piani atitudinali, Val Vogna .
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