Tramonto sul Monte Rosa

Inverno. La catena del Monte Rosa vista dalle pianure della cosiddetta Bassa, tra Novara e Vercelli.

 

Storie del fiume che attraversa un supervulcano

La Sesia sorge dal Monte Rosa e scorre fra le provincie di Vercelli, Novara, Pavia e Alessandria.  Fiume a regime torrentizio, coloro che abitano le sue sponde  raccontano soprattutto di piene violente, con strade e ponti spazzati via o invasi da valanghe di detriti. Lungo il suo corso ci si può imbattere in ricercatori e scienziati ma, accanto alle loro scoperte, si sente raccontare anche di miracoli, di streghe, di vulcani e di primitivi.

La Sesia nel suo tratto superiore, poco prima della frazione Pedemonte.

La Sesia nel suo tratto superiore, poco prima della frazione Pedemonte. Sullo sfondo, il Monte Rosa.

La Sesia nasce sul Monte Rosa,  tra i ghiacciai perenni delle Alpi Pennine. Attorno ai 2500 metri di altitudine, in zone spesso avvolte dalla nebbia la fantasia si scatena e, stando a una antica credenza popolare, i rumori prodotti dai ghiacci che si spaccano sarebbero i rimproveri delle anime dei morti, adirate per i peccati dei vivi. Dal ghiacciaio, le acque precipitano verso Alagna, l’insediamento noto per la piccola comunità Walser che ospita, o che ospitava. Si vocifera infatti che i depositari dell’antico dialetto alto-tedesco siano ormai estinti e che la loro cultura antica sia stata sopraffatta dagli impianti sciistici. Per tacitare le malelingue abbiamo controllato di persona e, vagando tra gli antichi insediamenti, abbiamo visto come modernità e tradizione possano coesistere sebbene in inverno i vertiginosi pendii innevati attirino frotte di appassionati sciatori.

Sciatori su una pista da fondo attraversano un ponticello sulla Sesia.

Sciatori su una pista da fondo mentre  attraversano un ponticello sulla Sesia.

La Sesia incontra uno dei primi insediamente

La Sesia incontra uno dei primi insediamenti. Sullo sfondo, le baite di Pedemonte, una  frazione di Alagna Valsesia  abitata tutto l’anno.

Con la bella stagione le nevi si sciolgono, il fiume si gonfia e,   con le prime piogge, le rapide e i mulinelli diventano un’attrattiva per gli amanti degli sport da brivido quali il kayak, la canoa e il rafting. Fra Scopello e Balmuccia la sponda destra sfiora le alture e  la Sesia segue l’andamento della Linea Insubrica, la fascia di contatto delle placche europea e africana che, scontrandosi, diedero origine alle Alpi. Dal comune di Scopa fino al termine della Valsesia, il letto del fiume attraversa i resti della camera magmatica di un supervulcano attivo circa 280 milioni di anni fa. Il geologo Silvano Sinigoi dell’Università di Trieste nella pubblicazione ‘L’incredibile storia del Supervulcano della Valsesia’ così spiega il fenomeno:

… a Ovest del Lago Maggiore […] lo scontro è stato quasi frontale: la crosta africana si è piegata verso l’alto, facendo risalire le sue parti più profonde come un ricciolo di burro spinto da un cucchiaio.” In questo modo “il ripiegamento […] ha verticalizzato la crosta portando alla luce le sue parti più profonde. È stata l’orogenesi alpina […] a far sì che oggi, risalendo la Valsesia dalla pianura a Balmuccia possiamo camminare sopra rocce che tanto tempo fa si trovavano a profondità crescenti fino a 25 chilometri, permettendo di osservare cosa succedeva sotto il vulcano durante l’eruzione: […] non ci sono altri posti al mondo che offrano questa opportunità.

La scoperta ha chiarito l’origine degli affioramenti rocciosi visibili lungo il fiume ed è possibile studiare in modo del tutto particolare l’evoluzione delle eruzioni. Percorrendo quelle zone, ci si imbatte spesso in gruppi di ricercatori provenienti da tutto il mondo impegnati a picconare e a prelevare campioni di rocce: possono farlo senza scendere in profondità.

Fiume Sesia con ponte dei Dinelli

La Sesia al Ponte dei Dinelli, presso la  frazione Scopetta. Le rocce compatte si formarono nel profondo della camera magmatica del vulcano.

Alla confluenza del torrente Mastallone con la Sesia si incontra Varallo con il suo Sacro Monte. Fra i più antichi d’Italia, sorse alla fine del Quattrocento per volere del francescano Bernardino Caimi di ritorno da un pellegrinaggio a Gerusalemme. Per rendere comprensibili i fondamenti della fede a tutta la popolazione –  quindi anche agli analfabeti –  nel corso di due secoli sulla sommità dell’altura che sovrasta l’abitato sono state erette quarantacinque cappelle che rappresentano alcuni miti della Bibbia e la vita di Cristo. Qualcuno sostiene che, al chiaro di luna, le statue e le pitture si muovono e sembrano avvicinarsi a chi le osserva attentamente.  Ai piedi dell’altura, il torrente Mastallone si snoda fra insenature in cui non è raro scorgere pescatori in attesa di trote e temoli, poi diventa affluente della Sesia. Più a valle, le attività legate al turismo sono gradatamente sostituite da quelle industriali e troviamo il Fenera, un massiccio calcareo che sfiora i novecento metri. Si formò ai tempi in cui la Pianura Padana era un mare quando, sul fondo di una laguna, i detriti calcarei  furono sollevati dai movimenti tellurici fino a formare l’altura che ora si eleva solitaria alla periferia di Borgosesia. Frequentato in epoca preistorica dagli uomini di Neanderthal, anche quest’estate l’Università di Ferrara ha condotto una campagna di scavi volti allo studio della vita dei primitivi che trovarono rifugio nelle sue grotte. I segni del passato e l’eco delle voci dei primi abitanti delle sue cavità naturali sono oggi sostituiti dal rumore dei passi  dei furtivi cercatori di funghi, di quanti fanno nord-walking e dalle grida delle scolaresche ma sul Fenera si raccontano storie che sconfinano nella favola. Un detto popolare fa risalire il suo nome a “monte delle fate e delle streghe”: in effetti i pinnacoli, le grotte e i boschi regalano atmosfere incantate, e chi sa cogliere la magia della natura ritiene non del tutto falsa questa pittorica etimologia.

Sesia verso Vintebbio

La Sesia in inverno, tra Serravalle e Grignasco. Sullo sfondo, la frazione Vintebbio

Ai confini meridionali della Valsesia, il fiume costeggia i luoghi che videro le battaglie di fra’ Dolcino, l’eretico del Trecento perseguitato dalla Chiesa per il personale modo di vivere la fede. Citato anche da Dante, sulle sue mitizzate vicende e sul loro tragico epilogo abbondano tutt’ora parecchie pubblicazioni. La sua fine, per quanto terribile, non fu diversa da quella di altri predicatori scomodi  perché, dopo anni di scontri armati, nel 1307 Dolcino e la sua compagna Margherita vennero infine catturati e condannati al rogo. C’è chi giura che nelle notti senza luna lungo il letto del fiume si vedono ancora inquietanti scintille brillare nel buio: indicherebbero il luogo dei roghi e sarebbero accompagnate da grida blasfeme. Poco più di cinquecento anni dopo, sulle colline di porfido dell’antico vulcano, tra Gattinara e Romagnano Garibaldi percorse gli stessi sentieri dell’eretico: anch’egli stava conducendo una battaglia. Era quella per l’Unità d’Italia e le sue imprese ebbero miglior fortuna.

Oltre la zona collinare in cui prospera il vitigno Nebbiolo, i segni dell’antico vulcano si stemperano e la Sesia si snoda tra le pianure della Bassa, dove offre le sue acque fresche alla coltivazione del mais, della soia, del grano e del celebre riso di Baraggia. Varietà tipiche sono l’Arborio e il Rosa Marchetti, selezionate nel 1945 dall’agricoltore Domenico Marchetti che assegnò loro rispettivamente il nome del paese natale e della moglie. Ultimamente si assiste a stravaganze quali la coltivazione del riso all’asciutto e la semina in luna calante ma le acque della Sesia e quelle del Canale Cavour continuano ugualmente a invadere le risaie e, in primavera, riescono ancora a trasformare la pianura in specchi quadrati di cielo. L’avvento della meccanizzazione e l’uso di prodotti chimici hanno portato a un aumento ragguardevole della produzione e della superficie coltivata restringendo le aree destinate alla vegetazione arborea ma, almeno nel Parco Naturale delle Lame del Sesia, i boschi ricevono tutela. La lame sono una caratteristica della Sesia di pianura. All’apparenza tranquille,  si dice che però possano trarre in inganno e inghiottire i bagnanti  nei loro invisibili e silenziosi mulinelli: non par vero che quelle stesse acque pigre in estate mietano tante vittime.  Le più isolate sono solcate dai germani reali e sotto la superficie i lucci cercano la preda: sono i pescecani d’acqua dolce, e la loro dentatura non fa invidia a quelli di mare. Si favoleggia di esemplari di un metro di lunghezza che catturano le anatre trascinandole sott’acqua, di imprese di bracconieri  e di guardiapesca gabbati e, ancora una volta, la realtà si confonde con la fantasia.

Nei pressi di Casale Monferrato la Sesia si getta nel Po: nata dalle nevi sulle montagne e ingrossata da mille affluenti nascosti finisce in territori di pianura spesso avvolti dalle nebbie. Il nostro viaggio lungo le sue rive ricorda il tempo che passa e il fluire dell’acqua, ora impetuoso ora lento, diventa metafora dell’eterno scorrere irrequieto della vita.

Testo di Michela Ferrara, foto di Franco Bertola (Pen name: Franco Gray)